Certificato di malattia: Come funziona?

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certificati di malattia

Credo che almeno una volta nella sua vita lavorativa ogni lavoratore dipendente italiano abbia avuto bisogno di un certificato di malattia ma la forma di questo è sostanzialmente cambiata in questi ultimi anni. In Italia il sistema sanitario italiano funziona molto diversamente da come è in altri Paesi Europei. La Costituzione italiana sancisce il diritto alla Salute e lo Stato ha il dovere di garantirla.

Quello che è ampiamente negativo nel sistema italiano è rappresentato dai tempi di attesa per accedere alle prestazioni, tanto lunghi da costituire talvolta anche un ostacolo alla tanto decantata prevenzione che preserva la salute della persona e consente un risparmio per lo Stato evitando il conclamarsi o il peggioramento di stati morbosi.

Per il resto, a parte i ticket e superticket che fanno sì che molti italiani non si curino come dovrebbero, visite, cure, accertamenti diagnostici sono garantiti dallo Stato mentre in altri Paesi i loro costi sono coperti da assicurazioni private, per chi ha la possibilità di sottoscriverne una, diversamente tutto pesa direttamente sulle finanze personali.

Tra i vantaggi di cui possono godere i lavoratori dipendenti italiani c’è anche il pagamento, da parte dell’INPS, dell’indennità di malattia, la continuazione del percepimento del reddito anche in periodi di astensione dal lavoro per malattia. Per ottenerlo occorre il certificato di malattia.

Come fare se sei ammalato

Nelle comuni malattie che non richiedono un ricovero ospedaliero, ci si deve rivolgere al proprio medico di fiducia, il medico che ciascuno sceglie, nell’ambito delle disponibilità dei vari medici convenzionati con il Sistema Sanitario, sul territorio di competenza della propria ASL territoriale. Al medico spetta, dopo la visita e gli accertamenti che ritiene necessari, la diagnosi, la decisione della terapia da attuare e la prognosi, ossia la stima del tempo di guarigione, salvo complicazioni.

Se il medico ritiene che lo stato di malattia per il quale il lavoratore gli si è rivolto necessiti di riposo o comunque di astensione dal lavoro, emette un certificato di malattia, un atto scritto con il quale sotto la propria responsabilità determina che la persona è ammalata e deve astenersi dal lavoro per un certo numero di giorni.

Come funziona il certificato di malattia

Un tempo, fino a qualche anno fa, questo certificato era formato da due copie, di cui una senza indicazione di diagnosi, che dovevano essere consegnate entro due giorni dal rilascio all’INPS, quello con la diagnosi, l’altro al proprio datore di lavoro. L’INPS autonomamente o dietro richiesta del datore di lavoro, una volta ricevuto il certificato di malattia, può inviare un proprio medico al domicilio del lavoratore per verificare la sussistenza reale della malattia e l’effettuazione delle terapie prescritte.

Accadeva che tardando a consegnare entro il secondo giorno, legittimamente, il certificato, di fatto il lavoratore poteva muoversi liberamente senza possibilità di essere controllato, un abuso messo in atto sovente da disonesti. La tecnologia permette oggi di agire diversamente: il medico emette in modo telematico il certificato che arriva in tempo reale all’INPS che trasmette al datore di lavoro un codice di malattia.

Quale copia al datore di lavoro

Al lavoratore il medico consegna due copie cartacee, una per il lavoratore stesso, l’altra per il datore di lavoro che deve sempre essere consegnata a cura del lavoratore. Evidentemente dal momento dell’emissione del certificato di malattia il lavoratore può essere sottoposto subito a visita di controllo, in campi di orario quotidiani, domenica e festivi compresi. Per il momento i campi d’orario di controllo in cui il lavoratore può essere sottoposto a controllo differiscono tra settore pubblico e quello privato ma certamente presto saranno unificati.

Su questo si sta muovendo il Governo italiano, anche dietro sollecitazione del Presidente dell’INPS Tito Boeri. Al momento sono 4 le ore di reperibilità al domicilio per i lavoratori del settore privato, il doppio per quelli del settore pubblico, una disparità evidentemente poco sostenibile ancora nel futuro.